







Qui vi presentiamo l’opera di Ale Senso, una delle più importanti street artist italiane, riconosciuta a livello internazionale per il suo approccio visionario e simbolico.
Ale Senso ha iniziato la sua carriera artistica nei primi anni ’90, immergendosi nell’arte urbana mentre studiava arte concettuale, performativa e visuale all’Accademia. Dopo essersi diplomata nel 2001, ha vissuto e lavorato a Milano, Berlino e ora a Roma, esplorando diversi contesti urbani. Nel 2021 ha realizzato “Quiete”, un’opera monumentale di 2287 mq, che si estende su una superficie orizzontale multisport, confermandosi come una delle più grandi opere mai realizzate in questo contesto e finalista al prestigioso Arte Laguna Prize. La sua fama è tale che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’ha citata tra le 5 più importanti street artist italiane durante il suo discorso dell’8 marzo 2024.
Di fronte a voi, non un semplice serbatoio antincendio… ma un’anfora, anzi, una Meta-Anfora.
L’opera di Ale Senso nasce da due idee: la prima quella di trasformare un elemento industriale in un vaso epico, ispirato allo stile greco antico. Una forma antica per raccontare una storia attuale: quella della logistica come motore di scambio e creatività, fin dai tempi più remoti. La seconda quella di creare una connessione tra la realtà, il luogo e l’ipotesi creativa. A pochi metri dal serbatoio, infatti, si trova un sito archeologico nel quale sono stati ritrovati antichi vasi e olle. Questo sostiene ulteriormente la messa in scena del meta vaso, proiettando il manufatto artistico in qualcosa di concettualmente possibile e contestualmente connesso. Ed è da questo cortocircuito tra realtà, ipotesi e creatività che nasce il titolo dell’opera: Meta-Anfora
Il serbatoio è incassato in una fossa di cemento. L’artista ha colto questa particolarità per creare un effetto “scavo archeologico”, un ritrovamento che sembra reale anche grazie alla vicinanza con il sito archeologico autentico.
Sulla superficie, la narrazione si sviluppa in due parti.
Nella parte superiore frontale dell’opera si apre davanti a noi un corteo festoso. Figure in danza, in continua metamorfosi – animali, uomini e donne in maschera, divinità o semidei, e persino personaggi provenienti dal nostro tempo – si incontrano sotto un elegante porticato ad archi. Si scambiano doni, si osservano, si riconoscono. In fondo alla scena, un moderno Prometeo si allontana portando con sé due fiaccole accese: sarà lui il protagonista del “frammento mancante”. Una delle fiaccole rimarrà sulla cisterna, l’altra sul frammento.
Al centro, una chimera ci guida nel cuore del mito. È una creatura di confine, che collega il sopra e il sotto. Alle sue spalle, l’albero della vita si innalza e si espande, fiorendo e ramificandosi lungo tutto il corteo. Le sue radici affondano in un vaso di luce, simbolo di uno scambio continuo di merci, saperi e culture. Un portale sempre aperto tra passato, presente e futuro.
Spostandoci nella parte posteriore, la scena cambia: qui si racconta il movimento, lo sforzo condiviso, la sinergia necessaria a trasportare grandi quantità di beni via terra e via mare. Anche in questo caso, tutto converge in un punto centrale: il porto. In alto a destra, un centauro traina un container su un carro. A sinistra, una barca sospinta dal vento e da vogatori metà umani e metà pesci trasporta un secondo container. In basso, tra le onde solcate dalla nave, un tritone soffia dentro una conchiglia, annunciando l’arrivo dell’imbarcazione nel porto di una città industriale, che vediamo comparire sulla sinistra.
Dopo aver completato l’opera, Ale Senso ha scelto di sottrarne una piccola parte, ridipingendola e trasformandola in un vero e proprio “buco” sulla superficie. Quel frammento mancante – che corrisponde a una sezione della sua “Meta-Anfora” – è stato poi ricreato in studio ed è ora custodito come fosse un “reperto archeologico” negli uffici di Prologis.
Se si osserva con attenzione, proprio da quel vuoto si intravede un cielo stellato. Cosa custodisce davvero la Meta-Anfora? Forse non solo memoria o materia, ma un intero universo: parallelo, silenzioso, nascosto dentro – o forse al di là – della logistica. Uno spazio dove arte, tempo e realtà si sfiorano e si mescolano, come in un passaggio segreto tra ciò che conosciamo e ciò che ancora dobbiamo immaginare.